Aggettivi, verbi, frasi: le parole giuste da scrivere nel CV (e quelle da evitare)
Quali sono le parole giuste da scrivere nel curriculum? La domanda apre un mondo, perché ogni CV è un caso a sé, dovendo riflettere il profilo del candidato o della candidata e lo specifico ruolo di interesse. È però possibile (e utile) individuare parole chiave, aggettivi, verbi ed espressioni che migliorano l’impatto e la leggibilità del documento. In questo articolo esploreremo quindi il linguaggio del CV, con tanti esempi e consigli pratici per scriverlo come si deve.
Perché un CV ben scritto fa la differenza
Creare un CV efficace significa saper raccontare – anzi, scrivere – la propria storia professionale in modo convincente e appropriato al contesto di interesse. Il curriculum è infatti un testo, e come tale la cura nella scelta delle parole giuste deve essere pari all’attenzione che si dedica a ogni altro aspetto della compilazione, dalla selezione delle esperienze da includere alla struttura.
Un curriculum ben scritto salta agli occhi di qualsiasi recruiter. Prima di tutto perché i curricola davvero ben scritti sono una rarità. Poi perché attraverso la scelta oculata delle parole, la strutturazione logica delle informazioni e l’uso intenzionale di termini che risuonano con il settore di riferimento, il CV diventa uno strumento di comunicazione potente: un’arma strategica, in grado di dimostrare professionalità, ma anche accuratezza e affidabilità.
Quali sono le parole giuste da scrivere nel CV?
La scelta di parole e frasi da scrivere nel curriculum prevede strategia: non esistono elenchi di vocaboli o sintagmi a effetto, da usare come una bacchetta magica. Esistono invece, questo sì, scelte motivate e consapevoli, nonché buone pratiche di scrittura. Vediamo quali sono.
Parole chiave
Quando, in relazione al curriculum vitae, si parla di “parole chiave”, si intende un gruppo di vocaboli ben precisi: le keywords di cui vanno in cerca i software di tracciamento dei candidati (ATS), a cui sempre più spesso è affidata la prima scansione del CV.
Si tratta di termini che riflettono specifiche competenze, qualifiche e requisiti. È necessario inserire quelli più verosimilmente associati al ruolo di riferimento, in genere indicati nell’annuncio di lavoro, e non perché siano ornamenti di bella scrittura, ma perché i CV che non ne tengono conto rischiano di essere cestinati.
Primo consiglio, quindi: scrivere un curriculum a prova di ATS.
Termini tecnici e linguaggio settoriale
Ampliando il discorso sulla specificità del ruolo, ogni settore ha un vocabolario e un linguaggio specifico. Averne la padronanza è il primo indicatore di una conoscenza approfondita del proprio ambito professionale.
Questo vale sia per un ingegnere informatico che voglia lavorare nel campo della cybersecurity, sia per un aspirante chef di ristorante stellato, per un operatore sanitario specializzato nel trattamento di determinate patologie come per un impiegato amministrativo capace di usare software gestionali o applicazioni utili allo svolgimento delle proprie mansioni.
Verbi d’azione
Gli esperti di comunicazione in ambito di risorse umane raccomandano spesso di prediligere i verbi di azione, anziché i verbi di stato o il solo sintagma nominale. Perché? Per trasmettere un senso di dinamicità, competenza pratica, attitudine al fare.
Se anche non hai bene idea di quali siano i verbi di azione (organizzare, realizzare, sviluppare, gestire ecc.) e di stato (essere, stare), sappi che usi quotidianamente entrambe. E con ogni probabilità lo hai già fatto, proprio nel modo indicato, anche nel CV.
Per esempio: anziché “[Sono stato/a] membro del team di logistica per gli eventi aziendali”, che indica soltanto il ruolo, meglio “Ho organizzato eventi aziendali collaborando con il team interno e gli stakeholder”, che sottolinea un ruolo attivo oltre a specificare meglio la mansione.
Aggettivi + esempi
Che cosa sarebbe un mondo senza aggettivi? Sarebbe un mondo piatto e monotono. E un CV senza aggettivi? Altrettanto. Purché siano scelti quelli necessari e appropriati: pochi ma buoni, in grado di riflettere le tue competenze professionali e/o personali in modo preciso e autentico.
A questo scopo, il singolo aggettivo può non essere d’impatto e perciò è buona norma affiancarlo a esempi concreti che ne specifichino il raggio d’applicazione.
Per esempio, un infermiere, o un’infermiera, può essere “empatico/a nella relazione con pazienti geriatrici e familiari”, un o una receptionist “organizzato/a nella gestione delle comunicazioni interne ed esterne”, un/una project manager “collaborativo/a nel coordinamento delle risorse e nella gestione dei conflitti”.
Dati di quantità
Le frasi del CV (e della lettera di presentazione) che includono dati quantificabili sono sempre molto apprezzate da selezionatori e datori di lavoro.
Generici aumenti di fatturato o riduzione dei costi sono da riformulare insieme a numeri e/o percentuali: “Ridotto le spese operative del xy% nell’arco di xy mesi”, “Superati gli obiettivi di vendita per xy trimestri consecutivi con un ricavo complessivo di xy euro” (non a caso formulazioni analoghe si trovano anche nei nostri esempi di lettera di presentazione).
Logica e coerenza, a partire dalla struttura
Tutti i consigli suggeriti fin qui non avranno alcun effetto se inseriti all’interno di una struttura caotica, e cioè di un layout improvvisato, sezioni non ben articolate, con un testo formattato in modo casuale o disomogeneo.
Il formato del CV dev’essere all’altezza delle parole e frasi da scrivere nel CV, per contribuire a renderle scorrevoli e facilmente leggibili. Come i modelli di CV di Jobseeker (e come i modelli di lettera di presentazione di Jobseeker), creati proprio a questo fine.
CONSIGLI DELL'ESPERTO
Saper scrivere un CV è ancora una competenza che conta, in epoca di intelligenza artificiale? La risposta è: sì. Come spiega un articolo del Sole24Ore, “il CV è uno strumento sempre più tecnologico, ma anche costruito per agganciare l’attenzione di chi legge, stimolare il desiderio di approfondire la conoscenza del candidato e scoprire poi, in sede di colloquio, la persona dietro il professionista” (1).
Parole improprie o deboli, frasi fatte e cliché da evitare
Alcune parole possono aiutare, altre no. Vediamo quali sono queste ultime e perché è meglio evitarle.
Aggettivi che indicano la personalità
“Simpatico/a”, “affabile”, “sensibile” e aggettivi analoghi, che descrivono la propria personalità in modo semplice e informale, sono off: il tono deve rimanere sempre professionale e i tratti del carattere vanno citati soltanto se davvero funzionali al ruolo (per esempio, “estroverso/a” per le professioni che prevedono contatto con il pubblico, ma tenendo presente di quanto si è detto in precedenza rispetto agli aggettivi singoli, che è sempre meglio rinforzare con esempi ad hoc).
Aggettivi indefiniti
Vari, alcuni, pochi, molti: le quantità non definite danno un’impressione di approssimazione e vaghezza. Come abbiamo detto, invece, ciò che parla a datore di lavoro e recruiter sono i dati precisi, gli unici in grado di trasmettere informazioni concrete.
Espressioni stereotipate
Nessuna espressione, di per sé, è sbagliata o banale, ma se viene continuamente ripetuta può indebolirsi e svuotarsi di significato. È ciò che capita con frasi fatte o singole parole che, a forza di essere usate, hanno perso valore.
Potremmo citare “orientato/a agli obiettivi”, “team player”, “motivato/a”, “appassionato/a”: tutte qualità di primaria importanza che tuttavia, espresse così, senza ulteriore contesto, risultano un po’ abusate, e di conseguenza poco incisive.
"Non esistono elenchi di vocaboli o sintagmi a effetto, da usare come una bacchetta magica. Esistono invece, questo sì, scelte motivate e consapevoli, nonché buone pratiche di scrittura."
Parole e frasi per curriculum: ulteriori consigli
Evitare gli eccessi
Presentarsi nel modo più efficace possibile è lo scopo esatto del CV, ma gli eccessi vanno in direzione opposta: una carrellata di aggettivi indebolisce anziché dare valore, i superlativi sconfinano facilmente nell’arroganza, mentre il candidato o la candidata ideale sanno esprimersi con equilibrio e senso della moderazione.
Show, don’t tell
È un principio di scrittura narrativa che consiste nel mostrare le cose, anziché dirle. Nella stesura di un CV, possiamo applicarlo per fare una scrematura delle parole da includere, evitando di citare quelle che, appunto, si possono far vedere. Per esempio, anziché definirti “creativo/a”, potresti inviare un CV creativo. Anziché dire “ottimo/a comunicatore/trice”, potresti presentarti con un video CV.
Equilibrio tra parole chiave e parole “del cuore”
Le parole chiave per i software ATS, lo abbiamo visto, sono necessarie, così come una certa dose di linguaggio settoriale. Tuttavia, un CV ben scritto è un curriculum in cui le parole “obbligate” sono opportunamente bilanciate da espressioni proprie naturali, gli aggettivi standard da costruzioni personali, il lessico di settore dall’autenticità.
La giusta via di mezzo tra strategia e naturalezza
Un CV ben scritto è un testo composto da una scelta accurata, e dall’impiego strategico, di una varietà di elementi linguistici: dalle parole chiave per superare il check degli ATS agli aggettivi che descrivono in modo più accurato le proprie qualità, dai verbi d’azione ai dati quantitativi, evitando banalizzazioni e frasi fatte che indeboliscono drasticamente l’efficacia del curriculum.
Il punto è trovare il giusto mezzo tra scelte obbligate, dunque comuni, e scelte del tutto personali, in modo da comporre un testo che fa colpo per la pertinenza rispetto al settore e per l’autenticità e unicità del candidato: questo è ciò che le parole giuste garantiscono al CV.
Se vuoi altri consigli pratici e suggerimenti utili, continua a leggere i nostri articoli per CV e i nostri articoli per lettera di presentazione: una miniera di informazioni preziose per andare dritti al colloquio!
Bibliografiche:
(1) Il Sole24Ore: La nobile arte del cv (vincente) al tempo dell’intelligenza artificiale